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👆🍝 𝐏𝐢𝐜𝐢 𝐚𝐥𝐥’𝐀𝐠𝐥𝐢𝐨𝐧𝐞: 𝐋’𝐎𝐫𝐠𝐢𝐚 𝐌𝐢𝐬𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐀𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐓𝐨𝐬𝐜𝐚𝐧𝐚 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐂𝐫𝐮𝐝𝐚. Immagina una strada di storia e pietre, tra le colline impastate di sole e silenzio, dove il tempo sembra essere evaporato lasciando solo l’odore della terra, del grano, e dell’aglio. Adesso siediti, anzi no, sprofonda su una sedia di legno scricchiolante in una trattoria che non ha bisogno di insegne. È lì da prima che tu nascessi. E lì, nel cuore toscano più autentico, ti arriva davanti un piatto di pici all’aglione.
I pici sono la risposta contadina agli spaghetti. Ma non sottili, non eleganti, non da finger food: sono grossi, ruvidi, arrotolati a mano con una testardaggine ancestrale, figli di mani rugose e generazioni intere di “nonne con il grembiule sporco di farina e bestemmie in dialetto”. La pasta è acqua, farina e l’orgoglio della semplicità. Zero uova. Perché qui l’eccesso è peccato, ma il gusto è sacro.
E poi arriva l’aglione. Non un aglio qualsiasi. L’aglione è il boss degli agli. Grosso come un pugno, profumato ma gentile, ti invade la bocca senza violentarla. È l’aglio che ti abbraccia, non ti caccia via. Una specie rara, quasi mitologica, che rischiava di sparire prima che qualche pazzo (o profeta) locale lo riportasse in auge come un rockstar rinata in tour.
Il condimento è una salsa rossa che gronda pomodoro estivo, olio buono e il nostro amico aglione tagliato a fettine larghe come petali carnosi. Niente cipolla, niente carne, niente panna: solo sole, aglio e gloria.
Ecco, i pici all’aglione non sono solo un piatto. Sono una dichiarazione d’identità. Sono il “vaffanculo” poetico della Toscana rurale a tutto ciò che è complicato.
Non servono abbinamenti raffinati. Bevi del rosso sfuso da un bicchiere opaco. Sporcarti la camicia. Parla con chi ti siede accanto. Ridi. Rutti se serve. Sei vivo, in Toscana. E ti stai mangiando un pezzo di storia pieno dí semplicità e bellezza.
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