Articolo precedente 𝐏𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐄𝐫𝐜𝐨𝐥𝐞 𝐞 𝐏𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐒𝐭𝐞𝐟𝐚𝐧𝐨, un tempo perle autentiche della costa toscana, oggi sembrano l’ombra sbiadita di ciò che erano. Le bellezze naturali restano intatte, certo il mare, i promontori, la luce ma tutto intorno è allo sbando: locali lasciati andare, ristorazione approssimativa, un turismo di massa che consuma senza capire, che occupa senza vivere. C’è un senso diffuso di decadenza, come se bastasse il nome per attirare ancora, come se il passato potesse continuare a reggere il presente. Invece no. I luoghi hanno bisogno di visione, di cura, di autenticità. Oggi si cammina per Porto Ercole o Porto Santo Stefano e si ha la sensazione di un set abbandonato, dove si è smesso di raccontare qualcosa di vero. Si vive di rendita, ci si affida a insegne logore, a cucine senz’anima, a formule trite pensate per un turismo che si accontenta del minimo. Poi arrivi a Orbetello, e senti un’altra aria. Una piazza che respira, locali che provano almeno provano a fare qualcosa di nuovo, persone che sembrano crederci ancora. Non è la perfezione, ma è un segnale. Qui c’è movimento, volontà di costruire un’offerta che non sia solo una cartolina per turisti distratti, ma un luogo vero dove si possa tornare per scelta, non per inerzia. Il turismo italiano ha bisogno di qualità, non solo di quantità. Di esperienze vere, non di copertine stropicciate. E posti come Porto Ercole e Santo Stefano dovrebbero tornare a essere destinazioni vive, non semplici ricordi intrappolati nel tempo. P.s. Non ho messo foto dei locali provati. Ultima foto è di un locale di Orbetello dove ho appena scritto quanto sopra. #riccardofranchini_pensieri